Milano, 28 ottobre 2015 – Di verde ha avuto il pollice prima che la pettorina da vigilantes di Trenord. Per anni ha lavorato come giardiniere prima di essere arruolato tra gli addetti alla sicurezza delle ferrovie lombarde. E ieri pomeriggio era in servizio alla stazione di Porta Garibaldi, insieme ad altri due colleghi che sembravano scelti apposta per un spot: uno di colore, l’altro biondo, nordico. L’uno e l’altro, come l’ex giardiniere, hanno fatto altri mestieri prima di indossare i panni degli angeli di pendolari e capitreno.
Angeli neri come la divisa della società di vigilanza che fornisce il servizio a Trenord, non fosse per la pettorina che li copre dal busto in su. Panni che alcuni di loro vestirebbero un poco più volentieri se solo ci fosse una tasca, un posto, la possibilità di «un arma che faccia da deterrente»«Basterebbe – dicono – un manganello…di quelli in uso alla polizia locale, mica alle teste di cuoio». Perché un conto è lavorare a terra, davanti ai tornelli delle stazioni – dove ci sono – o sulle banchine: «In questo caso il rischio è minimo – dicono i nostri, giocoforza protetti dall’anonimato –, i più ti si avvicinano per chiederti quale treno debbano prendere per raggiungere una destinazione o a che ora parta il primo e quale biglietto devono acquistare». Bastano 15 minuti davanti ai tornelli, sempre in Garibaldi, per apprezzare la fedeltà del quadro: anziani e stranieri (i giovani se la cavano benissimo) che fissano i tabelloni delle corse, chiedono ai vigilantes lumi sui binari, contano le monete e si dirigono alle macchinette che emettono biglietti. Tutt’altro discorso quando bisogna salire a bordo, sui treni, tra scompartimenti che possono riservare sorprese da labirinto degli specchi: «Chi è davvero quello che ho davanti a me?». «Uno che sbrocca facile?» o «uno in buona fede?». Sono queste le domande che girano per la testa dei vigilantes di Trenord, in qui convogli così lontani dall’aula del Consiglio regionale dove anche ieri sono stati presi a esempio di rimedio efficace alla violenza. «Ci siamo quasi… – concordano diversi di loro ––. Manca un tassello: uno strumento di difesa».
Non a caso anche chi veste la pettorina da pochi mesi recita a mena dito, con l’automatismo di un rosario,le linee più pericolose del trasporto lombardo: «La Albairate, la Brescia-Bergamo e la Seregno». In tutti i casi le citazioni sono monche perché si dà per scontata l’origine della corsa: Milano. «Ubriachi, tossicodipendenti, addirittura mi è capitata gente che picchia la moglie: l’esperienza più brutta – racconta un addetto alla sicurezza ––. Questo vediamo, questi personaggi ci tocca riuscire a portare al cospetto delle divise». E allora l’arma per uscirne bene è una sola: «Massima fiducia e massima collaborazione col compagno che fa ronda con te».
Milano, 28 ottobre 2015